Innovation sparks
Il futuro della sanità passa dalla qualità dei dati. Il caso virtuoso dell'Associazione Medici Diabetologi, punto di riferimento nel mondo
Intervista al Prof. Riccardo Candido, Presidente dell'Associazione Medici Diabetologi (AMD)
Tempo di lettura: 5 min
La crescente incidenza delle malattie croniche rappresenta oggi una sfida enorme per la sanità italiana e globale. Di fronte a un cambiamento radicale nella struttura della domanda sanitaria, emergono criticità profonde legate alla raccolta e alla gestione dei dati sanitari. Per comprendere meglio la portata e la complessità di questi temi, abbiamo intervistato il Prof. Riccardo Candido, Presidente dell'Associazione Medici Diabetologi (AMD), che ci offre una panoramica approfondita e lucida sull'importanza strategica dei dati e sul futuro sostenibile della sanità.
Senza dati affidabili, consistenti e integrati non è possibile effettuare una reale programmazione sanitaria. Se vogliamo garantire la sostenibilità e l'equità della sanità pubblica, investire sui dati non è solo importante, è indispensabile. Ricardo Candido Presidente Associazione Medici Diabetologi
Oggi si parla sempre più spesso della criticità legata ai dati sanitari. Perché questo tema è così rilevante per il futuro della sanità?
Viviamo un momento storico cruciale per il nostro sistema sanitario: siamo passati da una realtà dominata dalle malattie acute, in cui il paziente veniva ricoverato, curato rapidamente e poi dimesso guarito, a una situazione completamente diversa, dominata dalle malattie croniche. Parliamo, in particolare, di malattie metaboliche come il diabete e l'obesità, che oggi colpiscono milioni di persone e sono destinate a crescere ulteriormente nei prossimi anni. La cronicità implica cure costanti, continue, e soprattutto personalizzate. Non si tratta più di curare per guarire, ma di gestire patologie che accompagneranno il paziente per tutta la vita e di prendersi cura di persone e non di malattie.
In questo scenario, i dati sanitari diventano fondamentali. Senza dati affidabili, consistenti e integrati non è possibile effettuare una reale programmazione sanitaria. Dati di alta qualità permettono di comprendere in maniera profonda le tendenze epidemiologiche, identificare tempestivamente le aree di intervento, personalizzare le terapie e migliorare l'efficacia della ricerca. Se vogliamo garantire la sostenibilità e l'equità della sanità pubblica, investire sui dati non è solo importante, è indispensabile.
Che cosa intende, nello specifico, per centralizzazione e integrazione dei dati? Quali benefici potrebbe portare al sistema sanitario italiano?
Centralizzare e integrare i dati sanitari significa creare sistemi informatici interconnessi, capaci di raccogliere informazioni locali e portarle a livello nazionale. Solo in questo modo è possibile ottenere una visione d’insieme coerente, utile alla programmazione sanitaria. Attualmente, in Italia, la gestione dei dati è frammentata tra diverse regioni, istituzioni ed aziende sanitarie. Questa frammentazione porta a disuguaglianze profonde nell'accesso ai servizi e alle cure, causando disparità che penalizzano soprattutto i pazienti più fragili.
Con una integrazione e centralizzazione efficace, invece, sarebbe possibile superare queste barriere. Avremmo una cabina di regia che consenta di programmare interventi mirati, ridurre gli sprechi dovuti alle ridondanze e garantire equità d'accesso alle cure anche quelle più innovative e tecnologiche. Non si tratta solo di un risparmio economico ma soprattutto di un investimento per una maggiore sostenibilità sociale.
Lei sottolinea molto l’importanza di una programmazione sanitaria a livello nazionale, anziché regionale. Può spiegarci meglio perché?
L'Italia oggi vive una situazione estremamente eterogenea nella sanità: regioni diverse offrono livelli di cura e accesso a tecnologie completamente differenti. Ad esempio, nel diabete, l'accesso ai farmaci più innovativi o alle tecnologie avanzate cambia radicalmente da regione a regione. Una persona con diabete che riceve una diagnosi e indicazioni terapeutiche in una regione potrebbe poi non riuscire a mettere in atto quelle stesse indicazioni tornando nella propria regione di residenza. Questo crea disuguaglianza ed è in netto contrasto con il principio costituzionale che garantisce l'equità nell'accesso alle cure.
Una programmazione sanitaria nazionale, da declinare poi nelle diverse realtà locali, permetterebbe invece di definire standard comuni e garantire che ogni cittadino, indipendentemente dalla propria residenza, abbia accesso a cure qualitativamente comparabili, riducendo drasticamente queste ingiuste disparità.
Come Associazione Medici Diabetologi, state già lavorando concretamente in questa direzione. Qual è il vostro modello e quali risultati avete ottenuto finora?
AMD raccoglie, ormai dal 2005, dati provenienti da oltre 300 strutture diabetologiche italiane attraverso una cartella clinica informatizzata comune. Questi dati, raccolti annualmente e pubblicati negli Annali AMD, permettono di effettuare benchmarking interno, identificare le criticità nella gestione della malattia e attivare strategie di miglioramento continuo.
Questi risultati ci permettono non solo di migliorare l'assistenza clinica localmente ma anche di avere una fotografia dettagliata della situazione nazionale, da presentare alle istituzioni per stimolare decisioni politiche più informate. Quest’anno, ad esempio, presenteremo i risultati degli Annali AMD direttamente al Senato, per sensibilizzare la politica sull’importanza della programmazione basata sui dati reali e concreti.
Quali ostacoli vede ancora nella piena realizzazione di questo sistema virtuoso di gestione dati?
Purtroppo, nonostante gli importanti passi avanti fatti, molti dati sanitari in Italia sono ancora raccolti manualmente, su carta, o senza integrazione tra sistemi informatici. Questo limita fortemente la capacità di analisi e di pianificazione sanitaria efficace.
Un altro grande ostacolo riguarda la questione della privacy. Pur essendo un valore fondamentale da preservare, spesso diventa un alibi per la mancata condivisione e integrazione dei dati. È indispensabile un cambio culturale, chiarendo ai cittadini che i dati sanitari, adeguatamente protetti, sono fondamentali per migliorare la qualità delle cure e dell’assistenza per tutti.
Cosa possono fare, concretamente, i professionisti sanitari per supportare questa transizione?
I professionisti hanno un ruolo chiave in questo processo di trasformazione. È necessario che aumentino la propria consapevolezza sull'importanza strategica dei dati, impegnandosi ad adottare e utilizzare sistemi informatici efficienti. Serve anche una forte spinta sulla formazione e sull'educazione dei professionisti, perché imparino a gestire questi strumenti con efficacia e sicurezza.
Inoltre, occorre un impegno collettivo per sensibilizzare le istituzioni e il pubblico: i dati sono un bene comune che può letteralmente salvare vite, migliorare l'assistenza sanitaria e garantire equità e sostenibilità al sistema.
L’intervista al Prof. Candido illumina un percorso chiaro per affrontare una delle più grandi sfide del nostro tempo: gestire in modo sostenibile ed equo il crescente peso delle malattie croniche. Il modello virtuoso degli Annali AMD dimostra che è possibile creare sistemi di dati efficaci e integrati. Ora, la vera sfida sarà integrare questi dati con altri flussi informativi ed estendere questo modello ad altri settori della sanità, trasformando un problema complesso in una concreta opportunità di innovazione e miglioramento continuo per tutto il sistema sanitario nazionale.
13 maggio 2025
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